[Recensione] La mafia uccide solo d'estate
Tra
tutti gli aggettivi che si potrebbero usare per descrivere questo film, forse
quello più adatto è “inaspettato”. Già, proprio non me l’aspettavo. La prima
pellicola di Pif come regista eppure, sicuramente, la più bella che il cinema
italiano abbia sfornato recentemente!
Sempre
difficile parlare di mafia, apparentemente impossibile facendo anche
sorridere. E invece Pif ci riesce: ci riesce nel raccontare l’innamoramento di Arturo
da bambino e poi da adulto, ma soprattutto (e questo è un coraggioso tocco di
genio) nel descrivere i malavitosi: li deride, li dipinge brutti, grotteschi e
stupidi con, per esempio, Totò Riina che non capisce come funziona il
semplicissimo meccanismo di un condizionatore o “Luchino” che si invaghisce
della cantante Spagna.
La
vera forza del film è la capacità di creare una fortissima empatia tra lo
spettatore e i personaggi rappresentati: questo film non si limita a citare o tuttalpiù
mostrare le morti degli eroi antimafia, ma ce li fa prima conoscere e
apprezzare, dando a tutti un ruolo
effimero rispetto al loro vero lavoro, ma tenero e fondamentale per la storia
del piccolo Arturo. E cosi il giudice Rocco Chinnici diventa un amichevole
testimone dell’amore del protagonista per Flora, il simpatico e goloso commissario
Boris Giuliano lo istruisce riguardo la bontà dell’ iris alla ricotta e il
generale Dalla Chiesa si presta ad un’intervista e viene persino messo in crisi
dal giovane e improvvisato giornalista! Ci affezioniamo a questi meravigliosi
“uomini contro” appena in tempo per vederli morire e soffrirne: mai un film che
parla di questi argomenti era riuscito a creare una tale vicinanza emotiva a
questi personaggi storici.
In
questo senso la scelta di raccontare quegli anni dal punto di vista di un
bambino risulta vincente: è un espediente perfetto per dimostrare come la mafia
distrugga tutto quello che tocca, persino una cosa apparentemente
insignificante e lontana dagli interessi criminali come l’amore di un bambino
delle elementari.
Molto
particolare anche lo stile di Pif: un andamento inusuale che alterna momenti di
sorrisi e risate a omicidi a sangue freddo. Un mix delicato da realizzare e
potenzialmente molto rischioso che però Pif gestisce alla perfezione.
L’unica
parte forse stonata della pellicola è, paradossalmente, proprio Pif: se da
regista e sceneggiatore risulta praticamente perfetto, come attore non convince
più di tanto. La seconda parte non è decisamente all’altezza della prima: la
trama del ragazzo un po’ sfigato e innamorato della bella di turno con cui però
colleziona solo figuracce è un po’ stereotipata. Per di più le scelte attoriali
di Pif non sono molto varie e, in pratica, si riducono solamente all’onnipresente
sorrisetto imbarazzato. Molto più divertente e tenero il piccolo Alex Bisconti
nei panni di Arturo bambino.
Il
finale, invece, è un perfetto mix tra lieto fine, orgoglio nazionale e vera e
propria commozione: prima i palermitani si svegliano finalmente dal sonno di
negazione che aveva aleggiato sulla città per molti anni, poi Arturo accompagna
in giro per la città il figlio mostrandogli i luoghi dove quegli stessi eroi
erano morti perché:
“…quando sono diventato padre ho capito che i genitori hanno due compiti fondamentali: il primo è quello di difendere il proprio figlio dalla malvagità del mondo; il secondo è quello di aiutarlo a riconoscerla.”
“…quando sono diventato padre ho capito che i genitori hanno due compiti fondamentali: il primo è quello di difendere il proprio figlio dalla malvagità del mondo; il secondo è quello di aiutarlo a riconoscerla.”
Il
tipico finale perfetto.
VOTO: 8.7\10
questo film infatti ha un messaggio molto forte e chiaro : ) recensione decisamente perfetta : )
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