[Recensione] American(ata) Sniper
Per questo non capisco le numerose recensioni entusiastiche sui blog o sui giornali. A me è sembrata un'americanata da cima a fondo, con una regia approssimativa e un Bradley Cooper che non emoziona il pubblico, eccezion fatta, forse, per i personal trainer. E poi il trailer: non mi sono mai sentito così ingannato in vita mia! Faceva presagire una storia incentrata su una terribile scelta di fronte al protagonista o quantomeno un tormento interiore da essa derivante. ---> Primo Trailer Italiano "American Sniper"
Forse avrei dovuto capirlo però: il titolo del film non era "Chris's choice" ma "American sniper".
Ma andiamo con ordine.
Innanzitutto la regia, che ho definito approssimativa. A mio avviso, in un film come American Sniper sarebbero stati fondamentali i cambiamenti caratteriali che Chris Kyle subisce. Tutta la sua "opera" da cecchino deriva fondamentalmente dalla motivazione di salvare vite umane: quella dei marines in guerra con lui innanzitutto, quella di tutti gli americani più in generale. Eastwood suggerisce che questa forte motivazione derivi dagli insegnamenti del padre e, soprattutto, dalle drammatiche immagini degli attentati alle ambasciate statunitensi del 1998 in Tanzania e Kenya e a quelle dell'11 settembre. Nonostante però la potenza evocativa di questi filmati (che Kyle vede alla televisione in diretta) veramente poco spazio viene dato all'approfondimento degli stati d'animo del protagonista. Lo spettatore vede Kyle trasformarsi da sregolato cow-boy da rodeo a perfetto militare d'élite nel giro di 90 secondi. Ecco l'approssimazione: ciò che ha alimentato la vocazione del protagonista è solo accennato in maniera superficiale.
Stessa cosa, ma più evidente, avviene alla fine del film: anche dopo aver ucciso il suo omologo Mustafà, Kyle torna negli Stati Uniti ma sembra ancora una volta assente e tormentato. Tuttavia sono sufficienti una chiacchierata con uno psicologo e un paio di colpi sparati con due poveri mutilati per riacquistare la serenità e diventare quasi padre dell'anno.
Insomma, penso che la regia non sia dopotutto così curata e degna di lode come è stato detto da molti. Un ultimo particolare, sicuramente non fondamentale ma abbastanza buffo se ci pensate, lo si nota intorno al minuto 75. Taya sta pregando il marito di non tornare in guerra ma di pensare ai loro figli, bisognosi anch'essi di protezione. Scena commovente se non fosse che si vede chiaramente che il neonato che Kyle sta cullando è un bambolotto. Se ne avete la possibilità riguardatelo e non potrete fare a meno di trovare la scena paradossalmente ironica: il grande eroe americano, il più letale cecchino della storia degli Stati Uniti sta cullando un "Cicciobello primi passi".
Ciò che però rende il film una delle peggiori americanate degli ultimi tempi è la concezione della guerra. Una concezione manichea che pretende di dividere il mondo in bianco e nero, buoni e cattivi o, per usare la metafora di Colton Kyle (il padre), in cani da pastore e lupi.
Sarebbe facile definire "American sniper" guerrafondaio, ma penso che non renderei giustizia alla sensazione che ho avuto nel vederlo. La pellicola, infatti, non propugna l'idea di una guerra fine a sé stessa, più che altro considera la soluzione bellica come l'unica possibile per contrastare il terrorismo. E questo ciascuno potrebbe contestarlo o meno in base alle proprie convinzioni.
Quello che invece è deprecabile e pacifico nel messaggio del film è la totale assenza di turbamenti interiori o rimorsi di coscienza del protagonista. Chris ogni volta torna dalla guerra apparentemente turbato e quasi sconvolto, ma non per le morti che ha dovuto provocare (indipendentemente dal fatto che lo spettatore le giudichi con indulgenza o severità), ma perché, in qualche modo, avrebbe voluto causarne di più. " Pensa mai di aver visto cose laggiù o fatto cose che adesso rimpiange? .... - KYLE - Io non sono fatto così. Proteggevo i miei compagni: loro ammazzavano i nostri e io sono pronto ad incontrare il creatore e a rispondere di ogni singolo sparo. La cosa che mi tormenta sono quelli che non ho salvato!"
Sotto questo aspetto la scena cui facevo riferimento parlando del trailer, in cui Kyle uccide il ragazzino con in mano una granata, è esemplare. Un bambino innocente diventa un'arma pericolosissima e lui è costretto a sparargli. Ma l'unica reazione che ha dopo averlo fatto è dire "... Era il male come non l'avevo mai visto prima". Poi più nulla per tutto il film.
Chris è semplicemente un macchina da guerra. Quando torna a casa in licenza sente i rumori delle granate, dei carri armati e delle sirene, ma non le grida di chi ha ucciso. In questo si può criticare la concezione americana dell'eroismo che il film vuole veicolare: quella dell' eroe bidimensionale, che non si pone stupidi interrogativi riguardo la giustezza di ciò che deve fare. Farlo significa essere dei deboli. Questa visione non è limitata solo al ritratto del cecchino (basato sull'autobiografia del vero Chris Kyle) ma è una chiara scelta del regista che inserisce nel film un personaggio che arriva a dubitare delle certezze che invece animano il protagonista: il compagno d'armi Mark.
Mark cade vittima del cecchino nemico ma prima di morire aveva scritto una lettera che la madre legge al suo funerale: "Quand'è che la gloria svanisce e diventa una crociata sbagliata o un fine ingiustificato in virtù del quale ci si consuma completamente?". Beh, il giudizio di Eastwood su questo "obiettore di coscienza" viene dato dallo stesso Kyle che arriva a dire "E' stata questa lettera a ucciderlo: ha ceduto". Insomma, chi fa il suo dovere senza vacillare è un eroe, chi si interroga un debole. E questa è una morale misera e semplicistica.
Il fondo però viene toccato dal regista proprio alla fine del film: il protagonista sta uscendo per andare a sparare al poligono con un ex-soldato quando appare questa scritta "Chris Kyle venne ucciso quel giorno da un veterano che stava cercando di aiutare". Il film, quindi, informa gli spettatore su quale sia stata la fine del cecchino più letale di sempre. Destino beffardo e drammatico per un vero eroe americano. E poi via con le immagini (non girate ma prese dalla realtà) delle migliaia di persone che hanno reso omaggio al soldato al suo funerale. Tutto molto struggente in perfetto stile U.S.A.
Viene omesso solamente un piccolo particolare: l'assassino di Kyle soffriva di PTSD, cioè di Post-Traumatic Stress Disorder. Un'informazione in realtà fondamentale in grado di ridisegnare completamente tutta la filosofia del film. La guerra viene vista come l'unico mezzo possibile per difendere il "paese più bello del mondo" ma non si indagano tutti gli aspetti negativi che i conflitti armati possono causare. Vengono descritte solamente le conseguenze visibili (i reduci orribilmente mutilati) ma non quelle psicologiche che chi ha combattuto può aver subito.
L'analisi della guerra da parte di American Sniper si limita alla superficie delle cose e il tacere completamente riguardo la PTSD è una scelta non solo miope, ma anche furbescamente scorretta.
VOTO: 4.4 \ 10
Ciao! Complimenti innanzitutto, scrivi molto bene e invogli a leggere e a vedere il film! Bravo!
RispondiEliminaTuttavia non sono totalmente d'accordo con quanto hai scritto.
A me il il film è paiciuto, darei un otto bello pieno.
Non é l'unica recensione che leggo che definisce questo film come "un' americanata"! Non trovo che lo sia semplicemente perché il film è tratto da una storia vera. Chris Kyle non è un invenzione del regista, ma è un personaggio realmente esistito ! il regista ha raccontato la sua storia. Non penso che sia una "macchina da guerra" . È vero, il suo lavoro era orribile, lui l'ha scelto e questa sua scelta può essere condannata o meno ma mentre all'inizio, quando Kyle colpisce il bambino sembra davvero che il cecchino non abbia cuore, verso la fine del film, Kyle mira di nuovo a un bambino che sta per imbracciare il fucile e intanto dice "spostati stronzetto" facendo capire che comunque per lui non è così scontato e immediato sparare al bambino.
Potrebbe sembrare che il film si incentri solamente sulla guerra e sulla ragione degli americani; in realtà credo che grazie alla lettera, letta al funerale dell'amico di Kyle, il regista voglia dare uno spunto per far riflettere lo spettatore.
Solo su una cosa sono d'accordo ( ed è anche il motivo del mio 8) e cioè la scena del bambolotto. È palese che è finto!!
American sniper ha rappresentato il classico cliché dell'eroe americano che parte per andare in guerra, lasciando una moglie appena sposata e incinta. Sono completamente d'accordo sul fatto che niente è stato approfondito né il motivo che spinge Chris Kyle ad arruolarsi né la dimensione emotiva/psicologica di Kyle reduce dalla guerra. Ne emerge una frattura perché da una parte la sceneggiatura è approssimativa e stereotipata dall'altra le riprese e le inquadrature sono ben curate. Inoltre ritengo discutibile l'archetipo dell'eroe che ne emerge, fino a che punto un uomo può uccidere senza incappare in un post-traumatic stress discorder?
RispondiEliminaQuesta recensione rispecchia quello che penso, però si potrebbe riflettere sul film per interpretarlo da un altro punto di vista. Se Clint Eastwood avesse voluto rappresentare la mediocrità dell'americano che aspira a salvare la nazione spinto da un credo superficiale e filoamericano? Se fosse così allora il film assumerebbe un altro significato. Ma dal momento che questa intenzione non è palesata sono d'accordo sull'aggettivo "americanata". American Sniper può raggiungere la sufficienza solo per alcuni accorgimenti cinematografici, per esempio la scena della tempesta di sabbia. Recensione ben strutturata!
è un filme molto bello : )
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